sabato 20 ottobre 2012

Lettere di un Povero Idiota

LinkedIn: un mezzo che, se ben usato, può davvero rivelarsi utile nella ricerca di un impiego o, comunque, nella creazione di un proprio network personale di conoscenze... Già. Ecco cosa mi è appena successo, ché ancora non so come prenderla, se ridere o incavolarmi o chissà cos'altro: si accettano suggerimenti in merito!

In questi giorni, come sempre da un po' di tempo, utilizzo LinkedIn per leggere un po' di profili di professionisti della mia zona. Cerco di farmi un'idea più completa della situazione: chi fa cosa, chi conosce chi...
E così mi è capitato di leggere, fra gli altri, anche il profilo di P.I. (Povero Idiota, lo chiamerò così... So che è poco originale, ma a caldo non mi viene altro in mente). Niente di che, me ne sono dimenticata subito.
 Dopo qualche giorno, P.I. mi chiede di diventare un suo collegamento. Bene, anche lui ha letto il mio profilo ed evidentemente qualcosa lo ha colpito, mi dico, pur senza abbandonando un certo scetticismo di fondo. Accetto.
Dopo qualche altro giorno, ecco cosa arriva nella mia casella di posta (copio e incollo fedelmente, ad eccezione dei nomi di persona e luogo):

a giudicare dalla foto se ti conoscessi me ne ricorderei. La domanda è come mai questa vista al mio profilo?

saluti Povero IDIOTA


(Ché poi pure 'sto cognome tutto maiuscolo... Vabbè)

Buonasera ingegnere,
rispondo volentieri alla sua domanda, per quanto mi giunga inattesa.
Come può vedere dal mio profilo, mi sono laureata a fine febbraio ed attualmente sto cercando di conoscere il più possibile la realtà professionale di xxx e dintorni. Internet ovviamente rientra fra i miei mezzi di ricerca: come lei ben sa, LinkedIn suggerisce di visualizzare i profili di altre persone secondo criteri di vicinanza geografica, attinenza professionale, contatti condivisi, ecc. E così, fra i tanti profili, ho visitato anche il suo: tutto molto semplice, come vede.

Ora che è tutto chiaro, spero di aver dissipato ogni suo dubbio e le rivolgo io una domanda a mia volta: come mai mi ha chiesto di diventare un suo collegamento (cosa ben diversa dalla semplice consultazione di un profilo)?

Cordialmente,
ing. neofitA


Credevo che non mi avrebbe risposto: insomma, alla fin fine è una questione così insignificante...  Sèèè!
Ecco la perla che mi è arrivata poco fa (non aggiungo commenti alla fine per non rovinare la... poesia):

Risposta ufficiale alla domanda
Io uso molto poco linkedin e quindi non ben so e non ben so al punto che non avevo notato la data di laurea (dalla quale desumo che sei molto giovane) ne la votazione (complimenti)
esaminando il tuo profilo ho notato che hai avuto esperienze e contatti presso studi di "chiara fama" nell'area di xxx; il mio studio non è così noto ed in questo momento è "in attesa di sviluppi" per cui non posso invitarti a visitarlo e frequentarlo per motivi di lavoro ma solo (se vuoi) per fare esperienza in tanti settori della nostra professione.

Risposta non ufficiale
la tua foto mi ha colpito (sei stata brava a sceglierla ed è stato bravo chi te l'ha scattata o forse anche dal vivo non c'è bisogno di tutta sta bravura) ed ho deciso di contattarti

saluti Povero IDIOTA

PS tra colleghi è meglio il tu.

mercoledì 3 ottobre 2012

Partire. Restare.

Nel vuoto totale di prospettive lavorative in cui sto navigando ormai da 7 mesi (di già! Fra poco non potrò fregiarmi più nemmeno del titolo di neolaureata, andiamo bene), la frase che mi è stata rivolta più spesso, accompagnata da un'alzata di spalle, è stata: "Voi ggiovani dovete emigrare, andare all'estero, non avete altre alternative...". Ora, tutto molto condivisibile: all'estero ci si apre a nuove esperienze, nella situazione attuale si hanno effettivamente più possibilità e via dicendo. Perfetto, ragionamento ineccepibile.
Ma.
C'è un ma. Questa frase è quasi sempre pronunciata come se fosse una soluzione, una medicina. E se tu la medicina non la vuoi prendere, bè, allora non hai più il diritto di lamentarti. Vai all'estero, allora, inizia ad  equivalere a Sei voluta rimanere?! E allora te la sei cercata! E questo non mi sta bene, per niente.
Come se decidere di restare fosse una resa, una decisione codarda, una mancanza di coraggio. Quanti occhi al cielo, quanti sospiri mi sto sorbendo per questo... Soprattutto dai miei coetanei, che poi puntualmente restano qui, come me. Mandano cv all'estero o al Nord, ma poi quando vengono convocati per un colloquio non vanno: Perché devo fare un viaggio così lungo se non ho la certezza di ottenere qualcosa? E allora non lo inviare proprio, il cv.

Io ho scelto di restare. Attenzione: non ho scelto di non partire, ho scelto di restare. Una scelta in positivo. Ho capito che quello che ho qui, per me, ha più valore di opportunità lavorative migliori. E vengo vista come una che si è arresa... No. Come se la carriera fosse il metro di tutto, la somma priorità. Per me è fondamentale, lotterò con tutta me stessa per costruirmene una e piangerò amaramente durante gli inevitabili fallimenti... Ma ho capito che rinunciare a costruirmi una famiglia con chi amo sarebbe stato ben più grave, per me: un'autentica condanna all'infelicità. E perché scegliere qualcosa che mi farebbe soffrire tanto? Per rispondere alle aspettative dei miei, dei professori, degli amici...? Per diventare anch'io un cervello in fuga, che fa tanto intellettuale?
Io non voglio essere infelice. Ho capito cosa mi renderebbe tale e allora lo evito. Stop. Eppure sembra così difficile da far capire: come se gli affetti valessero meno del lavoro, o comunque non dovessero rientrare fra i punti cardine di una brillante neolaureata. Forse per qualcun altro potrà essere così - e chi sono io per sindacare? - ma questa è la mia storia: sono sempre stata la prima della classe, la ragazzina piena di ambizioni e sogni nel cassetto. Poi mi sono innamorata. Già, che cosa disdicevole. E ho capito che voglio tutt'e due le cose. Le voglio entrambe, le merito entrambe. E se per avere tutto questo dovrò rinunciare all'autostrada - che pure avrei potuto imboccare - e inoltrarmi su un sentiero di terra battuta, vorrà dire che lo farò.

Ma non venite a dirmi che non ho il diritto di lamentarmi, se in Italia i sentieri sono pieni di insidie. E smettetela di fare spallucce.
Perché io non mi sono arresa.